Pubblicato da: Nanà | 31/01/2019

A volte ritornano

Quanto sono stata via? Davvero quanto tempo è passato? Non ricordo… Quasi non riconosco più casa mia. E chi siamo diventati? Persone piene di rabbia, ciniche, disinformate.

Il problema degli sbarchi è un falso problema. Tutto questo serve per aizzare la rabbia della gente, non permetterle di ragionare con calma e con la testa. Davvero si pensa che se dei disperati provenienti da zone malfamate sbarchino (attenzione sbarchino solamente) nel nostro Paese poi magicamente tutto il resto si sistemi? La Sanità automaticamente sarà super efficiente? Ci saranno posti di lavoro per tutti? Le scuole funzioneranno alla perfezione? Che soluzioni propongono, quelli che gridano che tutto ciò è fatto per la nostra sicurezza, di fronte a questi tre temi? Ma ce ne sarebbero molti altri ancora, energia, trasporti, ambiente ecc… Eppure queste persone sono le stesse che si presentano col rosario in mano, che baciano madonne o ampolle col sangue del Santo di turno. E davvero si fanno paladini della religione cristiana? Quella che predica carità, accoglienza, rispetto per i più poveri? Eppure queste stesse persone di fronte a un bambino, una donna o un uomo che sta per morire, non allungano la mano per tirarlo in salvo, ma per farlo morire prima. Ecco perché prima di tutte le polemiche sull’aiuto degli altri Paesi Europei o della “sicurezza”, bisogna comunque farli sbarcare o salvarli in mezzo al mare. Perché di fronte a una persona che sta per morire abbiamo il dovere di provare a salvarla. E non lo sostengo perché sono una credente convinta, anzi, se proprio devo darmi una definizione potrei dire di essere agnostica. Dico ciò perché è così che deve essere. Se qualcuno ci muore davanti possiamo e dobbiamo aiutarlo.

La sicurezza? I reati sono diminuiti, lo dicono i numeri. E la percezione che abbiamo del pericolo è ampliata da meccanismi mentali su cui giocano purtroppo anche i mass media.

Quindi, per favore, smettetela. Prima o poi se ne accorgeranno tutti.

P.S. Questo blog è stato per lunghissimo tempo completamente fermo, se qualcuno ancora lo visita me ne scuso. Spero, da adesso in poi, di poter tornare con più costanza.

Pubblicato da: Nanà | 15/02/2014

Lettera aperta a John Elkann, uomo sfortunato

Gentile John Elkann

Ho letto solo ieri sera le parole che ha riservato ai giovani italiani alla ricerca di lavoro. Molte cose mi sono venute in mente, domande, dubbi, considerazioni, per questo ho deciso di scriverle apertamente, anche se, proprio a causa delle innumerevoli cose da dire non saprei da dove cominciare.

Capisco bene che nascere in una famiglia come la sua non le abbia consentito certe esperienze che, mi creda, in fondo fortificano il carattere e permettono di trovare tanti amici.

Capisco quindi il suo essere dispiaciuto e dover così pronunciare parole come quelle durante il suo incontro con gli studenti a Sondrio. Sa, abbiamo qualche difficoltà a vedere cosa succede intorno a noi, può indicarci esattamente dove sono tutte queste offerte di lavoro? Scherzi a parte non ha dimostrato molto rispetto. Le spiego perché se le interessa. Sono cresciuta, come molti miei coetanei (sono del 1980), con l’idea che fosse importante studiare, coltivare i miei interessi per avere un giorno un lavoro adatto alle mie competenze e che potesse soddisfarmi sotto diversi punti di vista, economico e di realizzazione personale. Un lavoro che potesse permettermi di vivere la mia vita in autonomia.

Come molti altri giovani della mia età sono cresciuta con la convinzione che studiare fosse importante prima di tutto per me stessa, per potermi realizzare, e poi perché una società in cui le persone possiedono conoscenza, è una società che li vede partecipi e che può crescere e migliorare. Uscita dall’Università, però, mi sono dovuta confrontare con la realtà, ben diversa da quella che avevo visto affrontare da parenti, amici o conoscenti più grandi di me.

Ma non scrivo qui per analizzare la mia storia, non interessa nessuno. Voglio parlare di quello che vedo e vivo ogni giorno.

Con tutto il rispetto e per quanto bravo possa sentirsi per aver saputo cogliere le occasioni che le si sono presentate, nascere da una ereditiera e da un affermato giornalista e scrittore non è stata esattamente una sua scelta né una sua responsabilità e questo, sfortunatamente, le ha impedito di vivere un’esistenza da persona “normale” non potendo apprezzare così il piacere di fare un elenco di società da contattare per trovare lavoro, spedire centinaia di CV, rispondere a decine e decine di annunci, viaggiare fuori dall’Italia perché l’avevano convinta che da altre parti era più semplice, firmare contratti che si riservavano il diritto di cacciarla in caso di gravidanza o di malattia prolungata, guadagnare 500 euro netti al mese per lavorare otto ore tutti i giorni facendo 50 chilometri di strada, partecipare a corsi per metter su attività per conto proprio rendendosi conto di non avere comunque nessun capitale di partenza e così via.

Come molti altri miei coetanei neanche io voglio solo lamentarmi, qui nessuno è esente da responsabilità. Neanche noi ragazzi e ragazze che non riusciamo a unirci davvero per provare a cambiare le cose. Siamo completamente disarmati di fronte a una politica sempre più contorta su stessa, rimbambita dai deliri berlusconiani, divisa tra le derive razziste della lega, l’incapacità di capire, da parte della sinistra radicale, che è necessario essere sinistra di governo, ma soprattutto divisa tra il distacco del partito democratico, non solo dalla realtà ma anche dai suoi stessi circoli, e tra la politica fatta di insulti rivolti direttamente a livello personale dei cinque stelle, cavalieri di rabbia e sentimenti negativi che non sanno tramutare in proposte positive, nuove e costruttive.

Ecco, come dicevo, non credo che abbia mai provato l’ebbrezza di anche una di queste esperienze e mi chiedo cosa stia facendo lei, dirigente, anzi, padrone, della più grande fabbrica italiana, per aiutare gli “svogliati ragazzi” a cercare un posto di lavoro decente nel loro paese, dal momento che avete spostato le varie sedi in giro per il mondo. Per non parlare degli incentivi da sempre ricevuti dallo Stato italiano.

Dopo averci tolto la possibilità di crescere, la speranza di vedere realizzate le proprie ambizioni, ci hanno anche insultati, choosy, bamboccioni, e ora svogliati. Eviti giudizi, non se li può permettere, e per favore, faccia il suo lavoro, perché anche noi dovremmo essere forse più uniti, ma il rispetto, quello ce lo meritiamo almeno quanto lei visto il clima in cui ci barcameniamo (si rilegga le cose fatte per trovare un lavoro qui sopra) se non di più. Il rispetto va guadagnato e a questo punto noi, forse, siamo in credito. Lei cosa fa per questo? le va di unirsi a noi?

Pubblicato da: Nanà | 11/02/2014

Eppur si muove!

Eppur_si_muove_Galileo

Eppur qualcosa, ogni tanto, da qualche parte si muove. Dove? Nell’VIII Municipio di Roma (ex XI) ultimamente, grazie all’impegno dei cittadini, di alcune associazioni locali e del governo del municipio, si è riusciti ad ottenere che uno spazio storico della Garbatella venga adibito a biblioteca comunale.

La Regione Lazio e l’Università Roma Tre, poi, hanno ripreso la gestione del teatro Palladium, sempre in zona Garbatella.

E infine, credo per ora la novità più importante, è stata messa sotto sequestro l’area adiacente a via di Grotta Perfetta (zona già altamente abitata) dove sono previsti migliaia di nuovi edifici. Gli abitanti del quartiere da anni si oppongono alla cemintificazione di una zona che risente di non avere servizi adeguati e che è vicinissima alla tenuta di Tor Marancia, nel Parco dell’Appia Antica.
Motivo del sequestro, non è stato rispettato il divieto di costruzione sopra il fosso delle Tre Fontane, un corso d’acqua vincolato.

La cosa che mi preme sottolineare, comunque, è che se dal territorio emergono personalità serie e impegnate, schierate politicamente (basta con la storia “noi non siamo né di destra né di sinistra”, ogni singola azione che facciamo rientra nella definizione greca di politica, ogni azione viene da una scelta e ogni scelta si trova da una parte piuttosto che di un’altra) e tali figure vengono costantemente seguite dai cittadini che si fanno anche promotori di importanti iniziative, ecco che qualcosa, in fondo, si può cominciare a ottenere.

Pubblicato da: Nanà | 23/01/2014

Il buon vecchietto

buon vecchietto

Nel periodo in cui la razza umana mostra il peggio di sé e ogni giorni si rischia lo scoppio di una vena… ecco un buon vecchietto riconoscente per avergli indicato dove si trova il Caf che ringraziandoti ti dice: “Buone cose nella vita”. La giornata diventa migliore… 😀

Pubblicato da: Nanà | 18/12/2013

Chi non muore si rivede… o si rilegge

Chi non muore si rivede… o si rilegge.

Pubblicato da: Nanà | 18/12/2013

Chi non muore si rivede… o si rilegge

leggere

il viaggio della lettura

Facendo gli scongiuri del caso… sono ancora qui. Sono appena andata a ricontrollare la data dell’ultimo post scritto (escludendo quello dedicato ad Alvaro Mutis di settembre). Risale ad agosto del 2012. Più di un anno fa.

Molte cose sono successe da allora e il tempo, l’attenzione, gli argomenti veri ho sentito essermi venuti meno. Per questo ho preferito non scrivere. Credo sia una di quelle attività da fare solo quando si sente davvero la spinta necessaria. Perché il lettore ne coglie l differenza e chi scrive lo fa liberamente, come è giusto che sia. Una cosa non mi è mai mancata, il pensiero della scrittura e del blog. Per questo ho deciso di non chiuderlo, perché sapevo che, prima o poi, sarebbe tornato il suo momento.

Ed eccolo qua. Non pretendo che tutti i lettori che avevo siano rimasti attaccati allo schermo del loro pc o tablet. Molto probabilmente tanti di loro sono andati verso altri lidi, in fondo molti di loro erano blogger che hanno chiuso. Ma come mi disse la mia amica blogger Danda “apri il blog innanzitutto per te stessa”. E così ho fatto.

Se troverò ancora compagni di viaggio vecchi e nuovi sarà un immenso piacere in più.

Pubblicato da: Nanà | 23/09/2013

Un bel morir

Come non rendere omaggio alla vita di chi ha dato il nome a questo blog.

Quando ti decidi a pensare riesci a mettere ogni cosa al suo posto. Il male è che poco dopo tutto va a gambe all’aria un’altra volta.
Alvaro Mutis, Bogotà 25 agosto 1923 – Città del Messico 23 settembre 2013

Pubblicato da: Nanà | 31/08/2012

Grillo way of life

Il titolo stavolta va spiegato. Non mi riferisco a Grillo e al suo Movimento 5 stelle in particolare, ma al modo di pensare che vedo diffondersi rapidamente negli ultimi tempi. Certo è frutto di un lungo periodo di malgoverno e di mancanza totale di alternative ,a credo debba essere combattuto.

Questo blog parla del viaggio, il titolo è esplicito per chi conosce i romanzi di Alvaro Mutis, è basato sul piacere di conoscere e di esplorare luoghi nuovi, ma tutto questo ha obbligatoriamente un punto di partenza fondamentale: sapere qual è la propria casa e riuscire ad amarla sul serio.

Sappiamo bene quali sono i problemi italiani (e parlerò di Roma in un altro post) ma è ormai diventato di moda pensare che qui è tutto un problema, tutto “uno schifo” e credere che fuori, all’estero, negli altri Paesi, nelle altre capitali europee sia tutto perfettamente in regola. Sicuramente alcune cose funzionano meglio da altre parti, vent’anni di berlusconismo non ancora completamente decaduto poi ci hanno massacrato culturalmente e civilmente e a livello personale hanno intaccato lo spirito, ma mi ricordo le parole di un mio professore in seguito alla mia demoralizzazione: “Per favore no, non puoi, tu come tutti quelli della tua età, altrimenti è finita”. Non è facile lo so e non si possono nascondere i problemi sotto al tappeto. metto anche me non calderone delle critiche sia ben chiaro.

Il vocabolario indica esterofilia come il sopravvalutare tutto ciò che riguarda lo straniero, parla di “sudditanza psicologica”. E infatti una psicologa ha detto che è una condizione tipica di chi si dichiara di mentalità aperta, pronto ad aprirsi a ciò che viene da fuori e a non uniformarsi alla massa, ma poi non sa distinguere, in verità, dichiarando che tutto quello che riguarda il proprio Paese è meschino, inutile, malfunzionante, dimostrando così di non essere così aperto mentalmente, anzi il contrario.

Non voglio nascondere i problemi che abbiamo, lo ripeterò fino alla nausea, ma sono anche stanca di sentire e vedere atteggiamenti snob nei confronti di tutto quello che abbiamo, che ancora non è tutto da buttare. E sono stanca di sentire lamentele su tutto quello che non va come se le cose dovessero piovere da cielo. Credo che dovremmo imparare a essere più corretti, equilibrati, propositivi, in grado di riconoscere le opportunità e apprezzare ciò che abbiamo per poter riconoscere un eventuale problema e poterlo così migliorare. Insomma credo che dovremmo imparare a essere civilmente responsabili, cittadini.

Andare all’estero per vedere altri posti è sacrosanto e se si scopre che qualcosa funziona meglio che a casa nostra credo che si abbia il dovere civico di tornare per cercare di migliorare cosa invece non va. Invece siamo abituati a pensare al nostro orticello e a pensare che l’erba del vicino sia sempre più verde.

Ogni posto ha i suoi pro e i suoi contro, così come con le relazioni, nessun uomo e nessuna donna saranno mai perfetti per noi, ma saranno il nostro uomo, la nostra donna, coloro che ci fanno sentire a casa.

Pubblicato da: Nanà | 19/05/2012

“Io so”

Mio padre è un grande uomo. Non solo perché è mio padre. Vedo, nei comportamenti delle persone che gli sono intorno, attestati di stima. Si ritrovano con lui amici vecchi e nuovi sempre con piacere. Fa parte di quel tipo di persone che difficilmente perdono le staffe. Ovviamente, quando questo però succede, i motivi sono estremamente seri e la rabbia scatenata è tanta.

Ricordo mio padre veramente fuori di sé in pochissime occasioni. Una, nel maggio del 1992, avevo dodici anni. Chiaramente ancora non seguivo e non capivo molto della vita politica e sociale del nostro paese. Ricordo però servizi in TV che parlavano di un attentato mortale, terrificante, nei confronti di un giudice, Giovanni Falcone. Fino a quel momento non avevo mai sentito parlare di lui. Ero piccola. Ricordo anche le innumerevoli votazioni in Parlamento per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, colui che sarebbe succeduto a Francesco Cossiga.

Lì, forse per la prima volta, ricordo la rabbia esplosa di mio padre. Contro i parlamentari, rei di perdere tempo, soldi e di “sparare solo stronzate” mentre in Sicilia, l’uomo simbolo della lotta alla mafia veniva barbaramente ucciso nella strage di Capaci, contro la mafia, contro il “sistema”. Per questo ricordo bene quei giorni.

E stamattina, dopo la notizia della bomba esplosa di fronte la scuola di Brindisi, ho rivisto gli stessi occhi di allora, la stessa espressione di mio padre e ho sentito una frase: “Non ricominciassero a raccontare balle. E’ di nuovo tutto uguale”. Il riferimento è alle stragi senza senso degli anni 60-70.

Per questo oggi voglio ricordare Pier Paolo Pasolini e il suo famoso articolo. Perché tutti, ormai sappiamo.

Corriere della Sera, 14 novembre 1974
Cos’è questo golpe? Io so

di Pier Paolo Pasolini

Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio “progetto di romanzo”, sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il ’68 non è poi così difficile.
Tale verità – lo si sente con assoluta precisione – sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all’editoriale del “Corriere della Sera”, del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi – proprio per il modo in cui è fatto – dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All’intellettuale – profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana – si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al “tradimento dei chierici” è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un’opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all’opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell’Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario – in un compatto “insieme” di dirigenti, base e votanti – e il resto dell’Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un “Paese separato”, un’isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel “compromesso”, realistico, che forse salverebbe l’Italia dal completo sfacelo: “compromesso” che sarebbe però in realtà una “alleanza” tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell’altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l’altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l’ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l’opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch’essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch’essi hanno deferito all’intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l’intellettuale viene meno a questo mandato – puramente morale e ideologico – ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell’opposizione, se hanno – come probabilmente hanno – prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono – a differenza di quanto farebbe un intellettuale – verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch’essi mettono al corrente di prove e indizi l’intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com’è del resto normale, data l’oggettiva situazione di fatto.
L’intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso – in questo particolare momento della storia italiana – di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l’intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che – quando può e come può – l’impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l’intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi “formali” della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico – non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento – deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente – se il potere americano lo consentirà – magari decidendo “diplomaticamente” di concedere a un’altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon – questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato
.”

Pubblicato da: Nanà | 01/03/2012

4 marzo 1943 – 1 marzo 2012

E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino per la gente del porto io sono Gesù Bambino

Lucio Dalla non era un cantante della mia generazione. Lucio Dalla però è una parte della colonna sonora della mia infanzia. Lui, i Beatles, Elton John, PFM, sono solo alcuni degli artisti con cui sono cresciuta.

Ricorderò sempre con un sorriso quando per caso, agli imbarchi per l’Isola d’Elba, Lucio si avvicinò a mio zio per chiedere un’informazione. Lui però non lo riconobbe e infuriato aver perso il traghetto rispose a male parole.

Sembrava eterno Lucio, non so perché.

Ha fatto parte della mia infanzia Lucio Dalla, come uno di famiglia insomma e oggi insieme a lui è come se mi fossi resa conto che quel periodo, ormai, è andato via insieme a lui. Non lo avrei mai immaginato.

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